Giulio Aristide Sartorio quotazioni.

Giulio Aristide Sartorio (1860 - 1932)

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BIOGRAFIA

Figlio e nipote di scultori di un certo valore, anche se di scarsa fortuna, apprese i primi rudimenti del disegno dal padre Raffaele e completò poi la sua formazione artistica, più che nella incostante frequenza all’Accademia di Roma, da autodidatta copiando gli affreschi nei Musei Vaticani e nello studio dal vero, che furono i suoi unici maestri. Dopo un primo periodo in cui, spinto da necessità economiche, si dedicò a leziosi soggetti settecenteschi, sullo stile del Fortuny, nel 1882 si indirizzò verso un verismo con intenti sociali ed umanitari di intonazione michettiana probabilmente influenzato da Carducci e D’Annunzio. 

Un soggiorno parigino nel 1889, assieme a F. P. Michetti, servì a fargli conoscere, attraverso lo studio dei paesisti francesi del ’30, un modo del tutto nuovo di ritrarre la natura con un’arte più libera e meno legata alle fredde regole accademiche ed iniziò «quell’epoca febbrile delle ricerche» che, con l’aiuto anche del calore meridionale dell’amico, cominciò a fargli amare l’arte del paesaggio dal vero, aderendo al gruppo costiano In Arte Libertas. Nella sua vastissima produzione pittorica ritrasse, con grande amore e sensibilità, numerosi paesaggi dell’Agro e delle Paludi pontine, animali, nudi, figure ed immagini familiari. 

Pur essendo un disegnatore abilissimo non fu un ritrattista e soleva giustificarsi dicendo «le facce degli uomini non mi interessano» e da qui nelle sue opere una infinità di capi voltati, chinati o con la fronte al cielo quasi per nascondere i volti. Dipinse, oltre che ad olio, a tempera, acquarello e pastello; riuscì molto bene anche come incisore con le acqueforti e le litografie dedicate all’Agro.

Bibliografia: La Campagna Romana nell'arte dei XXV; a cura di Renato Mammucari

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