
Quirino Ruggeri (1883 - 1950)
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BIOGRAFIA
Emigra assai giovane in America, dove lavora a lungo come sarto. Rientrato a Roma intorno al 1920, verso i quarant’anni scopre la vocazione per la scultura. Studia per circa un biennio con Arturo Dazzi, ma la sua formazone è essenzialmente da autodidatta. Assiduo frequentatore della “terza saletta” del Caffe Aragno, conosce Mario Broglio, che lo invita alla mostra di “Valori Plastici” alla Fiorentina primaverile (1922). Nel 1927 ha una sala individuale agli Amatori e Cultori di Roma con 14 opere e l’anno successivo espone alla Biennale di Venezia. Nel 1929 è presente alla I Sindacale romana, e Roberto Longhi segnala la sua produzione fra le novità più interessanti presenti in mostra.
Alla I Quadriennale (1931) espone nella sala in cui figurano Mafai, Donghi, Ziveri, Ceracchini, Scipione, Di Cocco; presenta otto opere in cui prevalgono i ritratti, suo tema preferito. Espone ancora alla Im Sindacale (1932), alla XIX Biennale di Venezia (1934) e alla II Quadriennale (1935), dove ha una sala personale con alcune fra le sue opere più importanti, come Altea e Antonietta (1934, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna). Nello stesso anno partecipa anche alla mostra “et XX siècles parigina italien des XIX”.
Dopo le prime prove arcaicizzanti, sotto l’influsso della scultura indiana ed egiziana, il lavoro di Ruggeri reinterpreta suggestioni derivate dalla plastica etrusca e romana, fino al romanico e al Quattrocento, che gli conferiscono quel peculiare carattere di gravità” e severa monumentalità, una solidità architettonica che sembra mirare a una tipizzazione senza tempo (Ritratto di Bruno Barili 1927). Dalla seconda metà degli anni Trenta l’opera di Ruggeri s’involve, invischiata nei modi più esteriori del decorativismo monumentale e celebrativo dell’epoca. Dopo la seconda guerra mondiale abbandona la scultura per dedicarsi alla pittura secondo moduli astratteggiantı; espone alla VI Quadriennale; dopo la sua morte la XXVII Biennale di Venezia (1956) gli dedica una retrospettiva.